L’esercito di terracotta cinese a Napoli come esempio di trasmissione di culture lontane

by Giulia Garzia
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Non è affatto facile riuscire ad esporre ad un pubblico variegato e distante per nazionalità, cultura e interesse tutte le nozioni storiche e socio-culturali che derivano da una scoperta così clamorosa come quella della necropoli che ospita il famoso “Esercito di terracotta” nella Cina orientale. Nel caso del mausoleo di Qin Shi Huang a Xi’an un esercito composto da 8.000 soldati plasmati in argilla hanno dato voce a secoli di storia che diversamente sarebbero rimasti sepolti e la capacità dei curatori della mostra “L’esercito di terracotta e il primo imperatore cinese” è stata proprio quella di riuscire a tradurre il lavoro degli archeologi e degli storici in un linguaggio comprensibile a tutti quelli che avrebbero affollato e affolleranno le sale che ospiteranno la mostra nei prossimi mesi.

L’esposizione è stata inaugurata il 24 ottobre a Napoli e terminerà il 28 gennaio 2018; ad ospitarla un luogo, la Basilica dello Spirito Santo (Via Toledo, 402), che rende ancora più suggestiva la mostra, tanto da riuscire a trasportare i visitatori in un viaggio nel tempo attraverso la Cina del III secolo a.C.

La necropoli infatti ha permesso di ricostruire non solo la storia istituzionale e personale del primo degli imperatori cinesi Qin Shi Huang, che letteralmente significa “Primo imperatore della dinastia Qin”, ma anche usi, costumi, tradizione e vita quotidiana delle persone sulle quali l’imperatore regnava, grazie al vasto numero di reperti ritrovati nelle fosse oltre ai famosi soldati in terracotta. La mostra espone suppellettili e oggetti di uso comune, monete, vasi ma presenta anche il macchinoso processo di realizzazione delle statue, al quale è stata adibita una sala apposita nella quale è ricostruito tutto il procedimento che centinaia di artigiani avevano seguito per creare le statue dei soldati.

Le sculture sono a grandezza naturale e se le si osserva da vicino è possibile notare macchie di colore le stesse analizzate dagli archeologi e  fedelmente riprodotte, che dimostrano come in realtà questi spaventosi soldati fossero interamente dipinti con colori accesi e anche piuttosto vivaci.

Ma purtroppo i reperti non possono parlare da soli e infatti ciò che rende questa esposizione così peculiare è il modo in cui tramite un percorso accompagnato da luci, pannelli esplicativi, supporti audiovisivi creati ad hoc e più di 300 reperti ricostruiti si sia riusciti a raccontare una storia, quella della dinastia Qin in modo chiaro, accurato e accessibile a tutti. Una storia che comprende anche quella del ritrovamento archeologico, avvenuto nel 1974 da parte di un contadino, che durante lo scavo di un pozzo si imbatté in questa straordinaria scoperta, all’interno del percorso museale viene proiettata un’intervista all’autore stesso della scoperta che racconta l’episodio in tutti i suoi particolari.

Insomma, questa mostra ci racconta una storia lontanissima dal immaginario occidentale e oscura a molti, che ha plasmato la Cina rendendola quella che è oggi e che è ancora tutta da rivelare se si pensa che la Tomba che ospita le spoglie dell’imperatore Qin deve ancora oggi essere aperta e non lo sarà ancora per molto tempo dal momento che le direttive del governo cinese non lo permetteranno finché non vi saranno le tecnologie giuste per analizzarla nel modo meno invasivo e rispettoso possibile.

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