Platone e immigrati: come ti trasformo il Libro VIII in un comizio a Pontida

by Nico Falco
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Particolare del busto di Platone rinvenuto a Largo Argentina (Roma)

(nella foto dell’articolo “Platone e immigrati”: particolare degli occhi del busto di Platone rinvenuto a Largo Argentina e conservato nei Musei Capitolini).

“Un idiota può produrre più merda di quanta tu possa spalarne”.

Questa, in sintesi, è la teoria della Montagna di Merda.

Si applica perfettamente al debunking, ovvero quando uno deve dimostrare che il fatto che una cosa sia comparsa su Internet non significa che sia vera.

Ma partiamo per gradi. Intorno alle 19.00 dell’8 agosto 2017 mi contatta il buon Enrico Parolisi (il direttore di Livenet, ndr) e mi fa notare che su Facebook so’ diventati tutti amanti della cultura classica. A cazzi loro, chiaro: condividono una frase di Platone che “spiega perché gli immigrati devono essere aiutati a casa loro”. La frase è la seguente, la metto per intero a disposizione dell’indicizzazione di Google:

“Quando il cittadino accetta che chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e c’è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine, così muore la democrazia: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo”.

Platone – Repubblica Libro VIII (o meglio quello che raccontano su Facebook)

E c’è l’aggiunta: “Vuoi vedere che anche lui era razzista?”

Il post che circola su Facebook su Platone e le sue parole sull'immigrazione

Il post che circola su Facebook su Platone e le sue parole sull’immigrazione

Ora Parolisi lo sa che dietro questo stralcio di dialogo attribuito a Platone ci sta una truffa, e lo so pure io, ma il problema è un altro: il capicchione è portato a credere per vere le cose che confermano i suoi pregiudizi e i suoi pensieri, quindi ha bisogno di un contraddittorio.

Che non accetterà, ma vabbè.

Platone e immigrati, il fact-checking

Allora mi metto all’opera. La risposta al commento finale è: vuo’ vede’ ca si’ strunz?

E riprendiamo.

Partiamo dal fatto che non ha senso paragonare una Polis greca a una città moderna, per una serie di motivi che se vi spiegassi sarebbe come insultare la vostra intelligenza.

Come prima cosa mi sono messo a cercare quella frase. E sono usciti tutti siti complottisti e cacate varie.

Come seconda cosa, invece, ho cercato il Libro VIII della Repubblica di Platone.

Quella frase non ci sta, che ve lo dico a fare.

Ma non fa niente, diciamo che potrebbe essere una diversa traduzione. Allora mi cerco un passo che somigli. E lo trovo. Si tratta di un botta e risposta, perché l’opera è in dialoghi.

«A mio parere, quando una città democratica, assetata di libertà, viene ad essere retta da cattivi coppieri, si ubriaca di libertà pura oltre il dovuto e perseguita i suoi governanti, a meno che non siano del tutto remissivi e non concedano molta libertà, accusandoli di essere scellerati e oligarchici».

«Sì », disse, «fanno questo».

«E ricopre d’insulti», continuai, «coloro che si mostrano obbedienti alle autorità, trattandoli come uomini di nessun valore, contenti di essere schiavi, mentre elogia e onora in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. In una tale città non è inevitabile che la libertà tocchi il suo culmine?»

«Come no?»

«Inoltre, mio caro», aggiunsi, «l’anarchia penetra anche nelle case private e alla fine sorge persino tra gli animali».

«In che senso possiamo dire una cosa simile?», domandò.

«Nel senso», risposi, «che ad esempio un padre si abitua a diventare simile al figlio e a temere i propri figli, il figlio diventa simile al padre e pur di essere libero non ha né rispetto né timore dei genitori; un meteco si eguaglia a un cittadino e un cittadino a un meteco, e lo stesso vale per uno straniero». «In effetti accade questo», disse.

«E accadono altri piccoli inconvenienti dello stesso tipo: in una tale situazione un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici».

 

Platone – Repubblica Libro VIII (quello vero)

Già si vede che la frase, così come gira su Facebook, è per gran parte inventata, per il resto estrapolata dal contesto. Ma, dicevamo, potrebbe essere una libera traduzione.

E allora cerco ancora.

L’interpretazione di Indro Montanelli

indro montanelli wikipedia

Indro Montanelli (foto: Wikimedia)

Trovo quella di Indro Montanelli, tratta dal libro “La stecca nel coro” e riportata su un vecchio articolo sul sito del Corriere della Sera. Anche questa la riporto integralmente:

In nome di una libertà che divora ogni regola, quando la città retta a democrazia si ubriaca, con l’aiuto di cattivi coppieri, di libertà confondendola con la licenza, salvo a darne poi colpa ai capi accusandoli di essere loro i responsabili degli abusi e costringendoli a comprarsi l’impunità con dosi sempre più massicce d’indulgenza verso ogni sorta d’illegalità e di soperchieria; (…) quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e c’è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine, c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto, e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?

Qui il riferimento agli stranieri ci sta, ed è proprio in quella frase che viene attribuita erroneamente a Platone.

Ma è in un contesto che ne cambia totalmente il senso.

La parte finale, che poi è quella più bella, però, manca.

La trovo qui, in un altro brano di Indro Montanelli, sempre libera traduzione della stessa opera. Anche questo lo riporto integralmente:

Oligarchia e democrazia: madri delle tirannidi. Ecco, secondo me, come nascono e donde nascono le tirannidi. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa colpa di averla condotta a tanto disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza, che della tirannide è pronuba e levatrice. Così muore la democrazia: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo.

Quindi, riassumendo.

Qualcuno ha preso una libera traduzione di Montanelli di un’opera di Platone. L’ha tagliuzzata e aggiustata, prendendo una frase da qui e una da là. Ha isolato la frase sugli stranieri, facendo intendere che secondo Platone siano all’origine della morte della democrazia. E poi l’ha pubblicata.

E quelli comme a isso l’hanno subito condivisa in massa.

Per ricostruire questo giro è bastata qualche ricerca su Internet. E due ore e mezza di tempo.

E qui torniamo alla teoria della montagna di merda: due ore di ricerche per dimostrare che uno stronzo ha fatto un taglia e incolla razzista.

Eh, uno stronzo, perché…

“Se uno è stronzo, non je posso dì stupidino – si crea delle illusioni – je devi dì stronzo!”
(Gianfranco Funari)

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