Il binomio donna-bellezza è sempre stato oggetto di discussione nel corso dei secoli, comportando continue revisioni del suo canone, un canone che indichi la perfezione del corpo femminile, un canone stilato ad hoc che l’uomo accetti improrogabilmente come modello.
Tuttavia la nostra epoca ha innescato la creazione di un’altra complessa e impervia analogia: bellezza-sanità. I cliché odierni relativi alla sensualità femminile sembrano assottigliare sempre più le vite, lasciando aumentare al tempo stesso la disistima in se stessi, nelle proprie potenzialità, nella propria attitudine a vivere nella maniera più serena possibile.
E allora come possiamo salvarci da questa sclerotizzazione della bellezza? Basterebbe forse volgere lo sguardo al passato, remoto e recente. L’iconografia della dea Venere – dal latino venus, traducibile proprio come bellezza e da cui ereditiamo il verbo venerare – potrebbe essere un modo per comprendere quanto i nostri avi avessero chiara l’idea di una bellezza smisurata.
Se osserviamo la Venere di Milo, scolpita da Alessandro di Antochia e risalente al 130 a.C., espressione più nitida del canone policleteo e modello di riferimento nei concorsi di bellezza fino al XIX secolo, è facile dedurre che le forme fossero sinonimo di appetibilità, forme armoniche soprattutto nei fianchi e lasciate fieramente nude, che conferiscono alterità a questa statua dal fascino imperituro.
Svariati secoli dopo avviene poi una rivoluzione: Botticelli, nella sua Nascita di Venere, emblema della pittura rinascimentale, rappresenta una donna abbondante, i cui lunghi capelli non esistano a mostrare la fierezza di essere prosperosi, di essere ciò che oggi potremmo definire curvy e, come lei, anche le Grazie non sembrano cedere al ricatto di una spropositata magrezza.
Se questi esempi possono sembrare troppo distanti dal nostro tempo, si pensi ad una nostra Venere moderna: Sophia Loren. Premio Oscar e attrice dall’indubbio talento, che ha conseguito lo scorso anno la cittadinanza onoraria napoletana, la Scicolone ha fatto sognare generazioni con il suo corpo conturbante e affascinante al punto da far tremar le vene e i polsi, come ci ricorda Mastroianni nella celeberrima scena dello spogliarello di Ieri, oggi e domani.
E chissà, forse proprio la Loren, la Miss Eleganza per antonomasia, ha ispirato un’inversione di rotta, un ritorno all’ordine, un rifiuto del canone parossistico odierno: dal 2011, infatti, il concorso di bellezza nazionale Miss Italia ha cominciato a proporre con successo una serie di Miss curvy, simboli di una sanità psicofisica necessaria in un mondo che fa dell’incertezza e della psicosi i suoi motori principali.
In questi giorni, fino al 20 agosto, sarà possibile votare sul sito di Miss Italia alcune di queste ragazze che prenderanno parte alla manifestazione che si terrà a Jesolo. Tra le candidate all’ambito titolo, compare anche una nostra conterranea, Mariarita Grande, che, come è evidente dalla scheda e dal video di presentazione, ha 25 anni e vive ad Afragola. Laureanda in giurisprudenza, sogna di diventare un avvocato penalista; è alta 1,75, ha gli occhi verdi, i capelli castani e indossa una taglia 46. Dedita allo sport, in particolar modo alla pallavolo, e amante dei viaggi e della gastronomia, Mariarita ha manifestato non con poca emozione alla nostra redazione di rientrare tra le dieci finaliste del web. Augurandole vivamente di rientrare tra le quattro Miss che si esibiranno nella kermesse definitiva di Jesolo, ci ha parlato della sua visione del concetto di curvy: per me curvy è sinonimo di giunonico, di equilibrio e proporzione tra le forme. E’ sinonimo di benessere, di serenità e di godimento di tutti i piaceri della vita. D’altronde per le mie origini e per le tradizioni culinarie della mia terra non potrebbe che essere così! Ho deciso di partecipare a Miss Italia curvy per valorizzare la mia femminilità e anche per mettermi in gioco, perché penso che nella vita bisogna sempre osare e non essere mai arrendevoli. E poi credo che questa possa rappresentare, comunque vada, una rivincita personale per tutte le volte che mi sono sentita inadeguata e che mi hanno fatto sentire inadeguata perché troppo abbondante e troppo formosa. Ritengo, inoltre, che alla base di questo concorso ci sia un messaggio bellissimo: bisogna accettarsi così come si è, senza voler inseguire gli stereotipi di bellezza finti che ci propina continuamente il web o la televisione. Ognuno di noi ha delle imperfezioni e sono proprio quelle imperfezioni a renderci belli e, soprattutto, unici.
Attraverso le parole di Mariarita, alla quale rivolgiamo un grande in bocca al lupo, si sintetizza anche un pensiero che dovrebbe divenire comune: la bellezza non è perfezione, non lo è mai stato e non lo sarà mai. La bellezza è nella nostra consapevolezza di essere imperdibili, di essere smisurati in quelli che sono chiamati spesso erroneamente eccessi; che siano mentali o fisici davvero poco importa. Perciò, come asseriva il noto poeta satirico Giovenale, mens sana in corpore sano, ricercando nella salute una speranza reale di salvezza.