“Our Garden”, l’esordio degli Enjoy The Void

by Comunicato Stampa
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Gli Enjoy the Void sono un progetto musicale neonato che ruota attorno alla figura del cantante e compositore calabrese Sergio Bertolino.

Diventati una band a tutti gli effetti dall’incontro del cantautore con i musicisti della BAM! di Sapri (SA), gli Enjoy the Void hanno da poco terminato le registrazioni di un primo album omonimo, registrato presso gli studi della BAM! da Giovanni Caruso e masterizzato agli Aemme Recording Studios di Lecco da Salvatore Addeo.

Enjoy the Void

Il gruppo Enjoy the Void

«Ho iniziato a costruire l’album a Torino, attingendo anche da vecchie composizioni, ma il grosso del lavoro l’ho svolto in Inghilterra, precisamente a Manchester: ho arrangiato quasi tutto là. Tornato in Italia sono andato a trovare un amico a Sapri (Tony Guerrieri, con cui già avevo suonato a Torino). Lui mi ha introdotto alla BAM! e ai musicisti che la frequentano. Ho fatto ascoltare i miei pezzi e sono piaciuti. Mi hanno proposto di registrare l’album. Sinceramente non era una cosa a cui pensavo. Il disco era pronto, ma non avevo in mente di farci niente, almeno per il momento; sono stati loro a spingermi. All’inizio gli attuali membri del gruppo dovevano solo aiutarmi nelle registrazioni, ma il progetto ha coinvolto tutti, ben più di quanto mi aspettassi. Si è creata una strana alchimia, un legame e un entusiasmo fortissimi, e ne ero felice. Da lì l’idea di formare una band. Con Tony, il bassista, ci conosciamo e suoniamo da 10 anni. Gli altri li conosco da circa 4 anni, ma ormai il rapporto è tale che li considero veri amici. Il batterista è Francesco Magaldi, i due chitarristi sono Domenico Anastasio e Giuseppe Bruno, e poi c’è Giovanni Caruso, il fonico, che si è occupato delle registrazioni dell’album, membro a tutti gli effetti degli Enjoy the Void, elemento importante per il nostro sound. Sono tutti di Sapri, tranne me, che vengo da Reggio Calabria».

Come primo estratto (che va ad anticipare l’uscita dell’album) è stata scelta “Our Garden”, una ballad dai toni malinconici.

«Il disco è molto variegato. Ogni canzone, sia in senso musicale che testuale, è un mondo a sé, ha una propria atmosfera e un arrangiamento che si adatta al contenuto, per cui non è stata per niente una scelta facile. La cosa fondamentale era che il primo singolo piacesse a quanta più gente possibile, così ho girato a diverse persone i 5, 6 pezzi che ritenevo adeguati allo scopo e la maggioranza ha consigliato Our Garden. Il brano è nato a Torino, nel periodo in cui vivevo lì, credo 6 o 7 anni fa, ed è rimasto in cantiere per parecchio tempo (in versione piano e voce), ma sapevo che prima o poi ci avrei lavorato seriamente; sentivo che l’arrangiamento necessitava di altre componenti… Quando l’ho composto ero innamorato di una ragazza. Non lo ero mai stato prima, né avevo mai scritto una canzone d’amore. Our Garden parla di quella fase, la fase iniziale, in cui l’amore è tutto e il resto non conta. È lo stadio ‘idealizzante’ dell’amore: la realtà è quasi messa da parte e si vive in una sorta di universo parallelo dove esiste solo la coppia. Come si dice?, due cuori e una capanna… una cupola impermeabile ai fattori esterni, una torre d’avorio. Benché il pezzo sia nato da una situazione vissuta direttamente, affronta il tema dell’amore in senso generale, oserei dire ‘universale’. Un discorso che può valere per tutti, un momento che ognuno di noi ha attraversato quando gli è capitato di innamorarsi. È fondato sull’idea secondo cui l’amore, nella sua accezione più ampia, è l’unica cosa per cui valga la pena di lottare, vivere e morire».

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