GENOVA – Il viaggio in camper lungo le distese sterminate della Russia. Un gruppo di amici sono i protagonisti di un viaggio avventuroso sulla rotta della celebre Transiberiana da Mosca fino a Vladivostok, ultima città avamposto sul Pacifico.
“Nove amici in Siberia”, di Domenico Zeziola, ripubblicato di recente, è la storia alcuni viaggiatori che, nel 1994, all’indomani del crollo della Repubblica socialista sovietica, decidono di affrontare un percorso avventuroso di 13.500 km attraverso la steppa e la tundra siberiana, a bordo di mezzi quasi fortunosi: un bus trasformato in camper, una Fiat 600 del 1956, una Fiat 1100 del 1964 e un maggiolone.
Ai loro occhi si palesa una Russia dalle mille identità nascoste, con le sue tradizioni e consuetudini che resistono ancora oggi nei tanti villaggi isolati della steppa siberiana, lontani, lontanissimi dal mondo occidentale: paesaggi sconfinati, la miseria degli abitanti e, sullo sfondo, la grande passione di nove viaggiatori e il loro desiderio di conoscere e di esplorare.
La Russia narrata da Domenico Zeziola non è solo quella delle grandi città. Alcuni episodi emergono dalle pieghe dei ricordi: c’è la contadina di uno sperduto villaggio siberiano che non conosce il nome della capitale Mosca, ma ricorda il nome dell’Italia. C’è il vecchio che spinge una bicicletta che non ricorda nulla del suo passato: è probabilmente un soldato italiano rimasto in Russia e mai più tornato in patria. Lì si era sposato e aveva trovato una sua nuova felicità. Forse ricordava tutto, ma aveva preferito dimenticare.
La Russia narrata da Domenico Zeziola non è solo quella delle grandi città. Alcuni episodi emergono dalle pieghe dei ricordi: c’è la contadina di uno sperduto villaggio siberiano che non conosce il nome della capitale Mosca, ma ricorda il nome dell’Italia. C’è il vecchio che spinge una bicicletta che non ricorda nulla del suo passato: è probabilmente un soldato italiano rimasto in Russia e mai più tornato in patria. Lì si era sposato e aveva trovato una sua nuova felicità. Forse ricordava tutto, ma aveva preferito dimenticare.
Un libro di grande attualità in un momento in cui tanti interrogativi si aprono su questo paese e sul conflitto in atto, con l’invasione dell’Ucraina. Domenico Zeziola conosce bene la Russia e oggi è uno dei testimoni più attenti dell’identità di un popolo. Ha lavorato a lungo come operatore turistico, organizzando moltissimi viaggi. Ma in Russia ha vissuto qualcosa in più e la conosce profondamente.
«Comprendere, capire e apprezzare la Russia corre di pari passo al temerla, rispettarla e amarla – racconta – Ebbi l’enorme fortuna di conoscerla grazie al mio lavoro, potendola guardare con la lente d’ingrandimento della mia curiosità, senza mai criticare. L’ho percorsa in lungo e in largo, conoscendo i lati migliori».
Zeziola riesce a sviscerare l’anima più nascosta e meno nota della Russia. Quel paese che usciva dagli anni del comunismo era «fatto di miserie e paure. Solo per il fatto di fermarsi in tre persone a parlare per strada, dava luogo a sospetti e poteva capitare anche di essere perquisiti. Tutto era controllato da una parvente organizzazione perfettamente oliata e ben funzionante, ma in realtà tutto era avvolto da una paura globale. Nessuno e a nessun livello ne era esente. Per migliaia di chilometri, tutto era uguale: favoritismi, teste chine, terrore, occhi indagatori ovunque, facce serie e minacciose o estremo servilismo. Pochi negozi, tutti vuoti; file e file di matriosche (tipiche donne robuste russe) che per lavoro e per decenni, facevano file su file senza sapere cosa si vendesse agli inizi delle stesse. Uscivano di casa con la borsa e manciate di rubli per comprare ogni cosa fosse in vendita o per rimanervi deluse, come quasi sempre capitava».
Quella di Domenico Zeziola è una storia di «lavoro, avventura, incontri positivi o negativi, contatti umani di ogni estrazione». E tutto questo lascia nell’autore una sola parola: amore. «Amore per un popolo forte, sincero, genuino. Terrore per una politica acida, arrivista, terrorista e inumana. Pietà per un colosso mondiale scricchiolante e arrugginito ma, pur sempre, velenosissimo e pronto a mordere».
Il viaggio del 1994 era stato organizzato con il sostegno della provincia di Brescia e del Senato della Repubblica (con il presidente Spadolini), ma anche di giornali e giornalisti: questa narrazione occupa la prima parte del libro, insieme alla descrizione del lungo iter per ottenere i visti, in un paese molto diffidente, dopo la fine dell’Unione Sovietica. Zeziola e i suoi amici incontrano anche l’ex presidente Gorbaciov. Un libro – avventura che accompagnerà la nostra estate.