Chiedono di poter liberamente pregare e ricordare i propri cari che, al momento, risultano “chiusi dentro le cappelle” senza possibilità di accedervi. Sono i membri del neonato comitato “Tutela del sepolcro gentilizio” che ha avuto il primo incontro formale nelle scorse ore e che raggruppa gli ex proprietari delle cappelle e dei manufatti cimiteriali che con delibera 566 dell’amministrazione comunale – in funzione di una sentenza del Consiglio di Stato – sono stati acquisiti al patrimonio del Comune di Napoli.
Oltre 70 persone si sono confrontate con i legali per stabilire i prossimi passi di una battaglia iniziata già da qualche mese. Le cappelle oggetto della querelle sono quelle al centro di un procedimento penale per compravendita illegale che non vede processati gli acquirenti originali. Attualmente, le cappelle sono di proprietà del Comune e gestite attraverso la Napoli Servizi: a tutte (oltre alla rimozione degli arredi sacri) sono state messe nuovi lucchetti e catenacci rendendo di fatto impossibile l’accesso ai cari dell’estinto (salvo la possibilità di concordare preventivo appuntamento con la Direzione cimiteriale durante i sabati o le domeniche).
“In pratica – afferma in una nota il comitato – hanno sequestrato i nostri morti. Nonostante in quelle cappelle ci siano ancora salme e spoglie mortali, ci hanno negato il diritto di culto che invece dovrebbe essere tutelato anche dalle vigenti leggi senza sé e senza ma”.
“Molti di noi – continuano – stanno già pagando i 150 euro di occupazione annui alla Napoli Servizi, altri hanno chiesto una rateizzazione ma hanno già manifestato nelle dovute sedi la volontà di mettersi in regola con quanto stabilito dall’amministrazione comunale. Ma non possiamo tollerare di essere trattati così, di essere privati della possibilità di accedere alle cappelle dove riposano i nostri cari, mentre gli ipogei comunali e gli altri luoghi di culto dei defunti sono sempre accessibili”.
I membri del comitato si rivolgono quindi all’Assessore competente in materia della giunta de Magistris, Alessandra Sardu: “I nostri appelli precedenti sono rimasti inascoltati. Abbiamo notizia di un incontro il 28 febbraio, a cui chiediamo di essere presenti o quantomeno ricevuti prima di quella data per spiegare le nostre istanze. Se ci sarà negato, siamo pronti a scendere in piazza contro un’amministrazione sorda sotto ogni punto di vista”.