Un gruppo di bambini cinesi, un coro disciplinato, le note però non sono tipicamente orientali… anzi, sembrano proprio quelle de “I ragazzi della curva B” di Nino D’Angelo.
Un’iniziativa curiosa, quella di Ciao Cina e della scuola italo-orientale Yong En – con sede a via Gianturco, proprio dove la presenza della comunità cinese a Napoli è storicamente radicata – volta soprattutto a favorire l’integrazione di questi ragazzi, per la maggior parte cinesi di seconda generazione, nel tessuto sociale partenopeo.
E a giudicare da come cantano, proprio in tempo di dibattito sullo ius soli, questi ragazzi dimostrano di essere cinesi almeno quanto sono napoletani!
“Ciao Cina” e le possibilità d’integrazione di due culture vicine
Del resto iniziative del genere vanno proprio nel solco di quella che è la missione di Ciao Cina, associazione culturale che promuove il dialogo tra italiani e cinesi (soprattutto napoletani e cinesi) partendo dalla conoscenza. Gli italiani imparano a conoscere i cinesi, i cinesi imparano a conoscere gli italiani: due comunità che si sono storicamente guardate con sospetto iniziano a crescere insieme pescando da immensi bagagli culturali che si portano dietro da secoli.
“Quello di far cantare ai bambini un pezzo così napoletano è un modo – spiega Jun Qin, presidente dell’associazione culturale Ciao Cina – per avvicinare due culture che non sono nemmeno più geograficamente lontane. Lo sforzo della nostra associazione è proprio quello di favorire l’integrazione della comunità cinese in Italia. Un impegno notevole, vista una storica diffidenza di entrambe le parti chiamate in causa. La comunità cinese, grazie anche a iniziative del genere, sta uscendo pian piano dal suo recinto e allunga una mano verso i napoletani”.
“La scelta di portare questa filosofia già nei luoghi dove i bambini crescono e apprendono – continua Jun – è stata fortemente voluta. Si tenga presente che la scuola Yong En ospita soprattutto bambini cinesi di seconda generazione, nati e cresciuti in Italia. In questo luogo hanno modo di attingere ai due immensi bagagli culturali che caratterizzano la loro natura. Non c’è luogo migliore per far crescere il seme della conoscenza e dell’integrazione”.