YOLOCAUST, I SELFIE RIPORTATI NEI CAMPI DI STERMINIO

by Gloria Esposito
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Yolocaust

La contestualizzazione dell’arte è tutto: un’immagine non avrebbe più lo stesso significato se fosse scattata da qualche altra parte, né l’impatto comunicativo sarebbe lo stesso.

I social network hanno portato allo scatto compulsivo, all’esigenza di rappresentare il soggetto (troppo spesso se stessi) in vari momenti della vita – “banali” se vogliamo – ma che riempiono questa di significato. Se non fai una foto mentre esci, che esci a fare? Probabilmente è proprio questo ribaltamento di valori, “esistiamo solo se visti” che Shahak Shapira, un artista “satirico” israeliano di 28 anni, ha voluto mostrare in tutta la sua vuotezza nel progetto Yolocaust: selfie con pose improbabili o esagerate (comunque inopportune) scattati sul Memoriale dell’Olocausto a Berlino e pubblicati online senza troppe remore.

I selfie improbabili scattati al Memoriale riportati sulle macerie dei campi di sterminio

Yolocaust

L’autore, infatti, ha scovato sui social network decine di selfie online e con la tecnica del fotomontaggio ha preso le immagini più “strane” (con tutti i like) scattate al Memoriale ovvero tra le 2711 stele nella Cora-Berliner Strasse berlinese posate in ricordo delle sei milioni di vittime della Shoah, e le ha ricondotte su uno sfondo tra cumuli di cadaveri e prigionieri ridotti a scheletri; sul sito dell’artista se si clicca su una foto, appare la stessa immagine ma inserita nello sfondo delle macerie.

L’operazione è di altissimo impatto emotivo e porta ognuno a riflettere.

Yolocaust, in ricordo delle tragedie del passato

Yolocaust

 

Il nome del progetto fonde insieme l’hashtag “Yolo” (you only live once, molto utilizzato sui social network)  e la parola Olocausto: l’artista se da un lato vuole essere provocatorio, dall’altro vuole ricordare a quelli delle generazioni future come non bisogna commemorare la storia e le sue vittime. «Il Memoriale non è lì per gli ebrei o per le vittime del nazismo. È un monito morale per le future generazioni. Queste immagini dimostrano quanto facilmente si possano dimenticare le tragedie del passato», ha spiegato.

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