Tanti i tifosi azzurri sono chiaramente concentrati sulla corsa scudetto del Napoli e si lasciano andare a pronostici di ogni tipo, puntando sulle scommesse sportive che vedono la squadra di Spalletti riuscire ad avere la meglio su Inter e Milan. Ogni tanto, però, è bello tornare alla mente con qualche aspetto nostalgico della storia di questa meravigliosa compagine.
E, nel momento in cui si parla della storia del Napoli, è impossibile non parlare di Antonio Juliano. Lo storico capitano degli azzurri, che ha disputato stagioni su stagioni con questi colori, diventando con il passare del tempo, e delle partite, una vera e propria bandiera, al punto tale da essere una leggenda per i tifosi del club partenopeo.
Capitano nel Napoli e convocato pure in Nazionale
Juliano, esattamente come Bruscolotti e Hamsik, è ricordato come uno dei grandi capitani di questa squadra. In effetti, nell’albo dei record della compagine partenopea, spicca il numero di presenze, visto che ne ha collezionate ben 394 nel massimo campionato italiano, andando in rete anche per ben 26 volte.
Classe operaia al potere
L’ultimo match disputato da Iuliano con la maglia azzurra della Nazionale, la diciottesima presenza con l’Italia, avviene praticamente poche settimane dopo i Mondiali di Monaco del 1974. Juliano, uno che non le ha mai mandate a dire, entra a muso duro nella polemica con quello che era il commissario tecnico dell’Italia in quel periodo, ovvero Bernardini.
La sua battaglia era chiaramente più che degna di essere supportata, visto che Juliano voleva richiamare i vertici federali alle loro responsabilità, notando che in Nazionale, i calciatori centro-meridionali non venivano mai presi in considerazione in modo adeguato. Una battaglia in cui ben presto rimase con pochi amici, tra cui solo i calciatori della Lazio, gli unici a sostenerlo. Ecco perché il 1974 fu il suo ultimo anno con la maglia dell’Italia addosso.
Poca fortuna come dirigente
Corre l’anno 1980 e Ferlaino sceglie proprio Juliano come nuovo direttore generale, a cui dà carta bianca nella costruzione della squadra. L’ex capitano degli azzurri piazza subito il colpo Krol e Rino Marchesi come allenatore. La disgrazia del terremoto rende più complicata la crescita del gruppo, ma alla fine sarà lo sgambetto dell’ultima in classifica, ovvero il Perugia, a non permettere la conquista dello scudetto.
Marchesi, finita la stagione, richiede a gran voce un aumento dello stipendio, ma Juliano non ha alcuna intenzione di acconsentire. Come mossa polemica, decide di andarsene e lasciare il suo ruolo di direttore generale. Due anni più tardi è di nuovo nella dirigenza azzurra e, guarda caso, l’anno successivo richiama in panchina Rino Marchesi. Ed è lo stesso Juliano ad avallare il colpo del secolo, ovvero l’approdo a Napoli di Diego Armando Maradona.
Ancora una volta, però, Juliano non accetta un ruolo di secondo piano quando Ferlaino ingaggia Italo Allodi e finisce così la sua esperienza nel 1985 la sua esperienza da dirigente azzurro. Anzi, a dire la verità, c’è un’altra occasione per Juliano: il Napoli è sempre in mano a Ferlaino e la stagione è quella 1998/99. Si tratta del primo campionato nella serie cadetta per il Napoli dopo 33 anni. Le cose, però, non seguono il verso atteso e preventivato e a Juliano viene dato il benservito, per l’ultima volta. Una vera e propria beffa, considerando che né quando calcava i campi della serie A e nemmeno da dirigente, Juliano è riuscito a coronare il suo grande sogno, ovvero vincere lo scudetto con il Napoli. Dai suoi occhi e dal suo ciuffo ribelle, però, è passata buona parte della storia napoletana, tra presidenti, direttori, compagni e calciatori.
(In foto il centrocampista e capitano Antonio Juliano e il portiere Dino Zoff, in una pausa d’allenamento tra gli anni 60 e 70 del XX secolo. Fonte: Wikipedia.)