LO SCIOPERO “RIPRODUTTIVO” DELL’8 MARZO, CHI L’HA DECISO? A QUALI DONNE GIOVA?

by Gloria Esposito
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Oggi è stato indetto uno sciopero generale dei mezzi: ma perché di mercoledì? Strano. Lo sciopero coincide con un’iniziativa di stampo mondiale, “sciopero globale delle donne” partito dalle donne argentine, che ha raccolto l’adesione di oltre 22 paesi in tutto il Mondo, al motto di “Se le nostre vite non valgono, non produciamo” e che è stato ripreso anche in Italia.

Sul sito di Non una di meno – una piattaforma che riunisce diverse realtà femminili e femministe che ha aderito allo sciopero generale di 24 ore, indetto da diverse organizzazioni sindacali, di tutte le lavoratrici del pubblico impiego e del settore privato – si legge:

“L’8 marzo sciopereremo anche in Italia. Una giornata in cui sperimentare/praticare forme di blocco della produzione e della riproduzione sociale, reinventando lo sciopero come vera e propria pratica femminista a partire dalle forme specifiche di violenza, discriminazione e sfruttamento che viviamo quotidianamente, 24 ore al giorno, in ogni ambito della vita, che sia pubblico o privato (…) per questo ci asterremo da ogni attività produttiva e riproduttiva che ci riguardi”.

sciopero donne

Blocco della produzione? Sciopero come pratica femminista? A parte interrogarsi su questo retaggio culturale e grammaticale che sembra provenire dai tempi dell’Industrializzazione, non si riesce bene a comprendere come astenersi dalle attività per un giorno possa in qualche modo giovare ai diritti delle donne: mettere le braccia conserte poteva andare bene nella drammaturgia dell’antica Grecia forse, ma non di certo nella realtà del 2017!

Soprattutto, perché almeno in Italia, molti dei problemi che riguardano le donne sono relativi al divario tra occupazione maschile e femminile (soprattutto al Sud), a quello retributivo, alle politiche sociali che dovrebbero agevolare le donne nel loro ruolo di donne (lavoratrici e madri di famiglie) e alle varie altre questioni che la politica evita di affrontare con sguardo programmatico.

I DATI SUL GENDER GAP RETRIBUTIVO E SULLA DISOCCUPAZIONE FEMMINILE IN ITALIA

Il Censis, sulla base dei dati Istat, ha rilevato ancora differenze tra le retribuzioni delle donne e degli uomini italiani, con le donne che nel settore privato percepiscono salari che sono più bassi del 19,6 per cento; anche nel pubblico, la situazione migliora ma non si annullano le differenze: le donne che lavorano nel pubblico guadagnano il 3,7 per cento meno dei loro colleghi maschi. Nel 2016, inoltre, l’Italia si è attestata al penultimo posto in Europa in quanto ad occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni con circa il 48 per cento mentre il tasso di disoccupazione femminile è stato del 12,6 per cento, contro una media europea dell’8,8.

Per questi motivi, sembra calato dall’alto uno sciopero generale coincidente con uno sciopero “riproduttivo” che non solo serve ad astenersi da tutte le conquiste che le donne ogni giorno difendono con fatica e abnegazione ed entusiasmo (il lavoro, la costruzione della propria famiglia, condividere la vita con la persona che si ama) ma che danneggia nella concretezza chi non è in linea con questa idea: perché mai per un giorno ci si dovrebbe recare a lavoro a piedi? E perché si sente la necessità di far sentire la proprio presenza praticamente tenendo il broncio o evitando quelle attività che si ama fare, anche solo per un giorno?

In ultima analisi decidere di svolgere sia le attività produttive che quelle riproduttive saranno anche fatti privati di ciascuna di noi, per esercitare a pieno una della più grande conquiste delle donne: la libertà di scelta.

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