“Tu, mio”, il racconto sognante di Erri De Luca in scena a “Il Pozzo E Il Pendolo”

by Federica Colucci
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Il viaggio più scomodo e dolce di tutta la mia vita

Nella vita di ogni persona c’è un momento nel quale tutto cambia: ciò che si è stati fino a quel momento è destinato a essere spazzato via da impeti emotivi che, spesso, coincidono con l’amore. Il primo amore, quello non vissuto, quello immaginato, quello che rende adulti e insegna, senza spiegazioni. Quello strano sentimento che fa scoppiare il petto di emozioni e vibrare le corde dell’anima, quel passaggio esistenziale in cui non si torna più indietro.

Per restituire l’intimo racconto di crescita e passaggio – traumatico – all’età adulta messo su carta da Erri De Luca nel suo libro “Tu, Mio”, la regista Annamaria Russo si attiene fedelmente al testo dello scrittore e sceglie la formula del monologo. Sul palco Nico Ciliberti e Giacinto Piracci si raccontano voce e chitarra in quella che riporta alla mente le case del borgo di pescatori, una caraffa con del vino e le emozioni, sottolineate da un sapiente gioco di luci. Il tutto arricchito dalla struttura stessa del piccolo teatro de Il Pozzo e il Pendolo, che ha trascinato letteralmente gli spettatori in quel moto d’animo.

“Tu, mio” è una storia-  tutt’altro che scontata – d’amore vissuta attraverso un ricordo potente che valica i confini del cuore, del tempo  e dello spazio. Un racconto che si intreccia con la storia del Novecento, con il trauma della Seconda Guerra Mondiale, rivista e vissuta fra negazioni, rimozioni, ricordi ed emozioni di chi c’era e di chi è rimasto e vive la sua vita con una granata emotiva nel cuore. L’intepretazione di Ciliberti e Piracci coinvolge lo spettatore in modo intimo, personale: il teatro diventa proiezione della  platonica storia d’amore fra il protagonista e l’ebrea Haia, nella quale il coraggio si mescola con l’orgoglio, con la vendetta, con un amore immaturo ma adulto al tempo stesso.

Sembra quasi di vederli con i proprio occhi: lei, appena ventenne, guarda il mondo con “una faccia seria, come da bambina che aspetta un ritorno”: quello del padre, morto per mano delle SS naziste in modo misterioso. Lui, sedicenne, folgorato dagli occhi tristi e magnetici di lei intraprende “il viaggio più scomodo e dolce di tutta la sua vita”: riconosce in lei la musa ispiratrice che segna l’adolescenza, riuscendo a sentirsi uomo quando la protegge dai ricordi, dal mondo circostante. Ed è in un ricordo che accade la magia: “le anime si riconoscono”, dice lei quando guardandolo si rende conto che in lui rivede il padre. Ed è lì che si compie il destino: in una fiammata di coraggio lui vendicherà il torto della perdita prematura del padre che ha subito ingiustamente. Sullo sfondo, l’isola di Ischia nella sua incontaminata bellezza e nei suoi colori sgargianti accompagnano, dolcemente, la marea emotiva del protagonista, che in un vecchio pescatore trova la sua guida spirtuale: il mare insegna, il mare fa, a modo suo. E ti rende diverso ad ogni onda. Come le emozioni, come l’amore.

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