IL VECCHIO FANGO, VIAGGIO AL BUIO AL NAPOLI TEATRO FESTIVAL

by Massimiliano Maurino
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Il vecchio fango presentato alla nona edizione del Napoli Teatro Festival è qualcosa di più di uno spettacolo teatrale, è un viaggio interiore.
Anche se le premesse parlano di un villaggio e dei suoi personaggi che lo abitano, dove viene chiesto al viaggiatore – che entra singolarmente con cadenza di quattro minuti di distanza uno dall’altro – di conoscere questi personaggi attraverso l’utilizzo di quattro dei cinque sensi (viene infatti ‘eliminata’ la vista, senso predominante nel nostro quotidiano).

Il Vecchio Fango, labirinto di teatro sensoriale organizzato dal Teatro dei Sensi Rosa Pristina, è andato in scena fino al 14 luglio al Museo Diocesano.

(Fotografia di “bubuphoto”© – tutti i diritti riservati)

IL VECCHIO FANGO, L’ESPERIENZA DEI 4 SENSI

Un drappo nero, via gli occhi, prendi il tempo, segui la tua ombra e non voltarti! Inizia il viaggio.

Il tempo non conta, anzi, non si conta, scorre lento. E’ il tempo delle emozioni, quelle, non hanno logica, crescono lente; come radici che si fanno spazio nel terreno e lo abbracciano. E all’improvviso torni bambino, tra le mani rugose che hanno lavorato una vita e ti hanno cresciuto, ti hanno accompagnato. Odore di salvia e timo, dei pranzi della domenica. Poi il sapore del sale a condire il distacco, è tempo di camminare da solo, inciampare.

Odore di mandorla, un ultimo abbraccio, la litanìa dolce che accompagna il sonno, poi il definitivo distacco. Ora è tempo di crescere, ora è un’altra mano ad accompagnarti, lascia scorrere lente le tue dita lungo luoghi proibiti. Un bacio segna il passaggio, apre le porte a giochi proibiti e via, verso il percorso di crescita, di maturazione, di corse e nuovi inciampi. Fino a trovarti a fare l’ultimo viaggio, attaccato alla mano di chi “t’ha visto nascere”, ora ti vede tornare alla fredda terra, che ti avvolge come un abbraccio, in cerca di un’offerta.

A guidarti in questo percorso è una voce, diversa per ogni ambiente, ed una mano, anch’essa diversa per ogni ambiente, unico appiglio per orientarsi.
Una mano di un’anziana signora, poi quella liscia di una ragazzina, quella dolce innocenza che per la ricerca incessante dell’amore, diventa prostituta. Le dolci note di una litanìa che ti accompagna nel sonno. Fino alla mano del medico che “t’ha visto nascere” e ti accompagna verso la morte.

Durante il percorso è difficile capire da che parte andare: ricordo e sensazioni o ricostruzione di ciò che ti sta intorno. Personalmente, mi sono ritrovato a fare un viaggio interiore, mi sono lasciato avvolgere dagli eventi, lasciandomi guidare da quella mano che non volevo abbandonare

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