Elezioni GB: you MAY have a problem

by Felice Luca Maglione
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Theresa May elezioni inglesi

Alle ore 23 dell’8 giugno 2017 gli exit poll hanno sancito la sconfitta di Theresa May e dei Tories (il partito conservatore britannico).

Per chi ha seguito la campagna elettorale in Gran Bretagna, soprattutto nelle ultime settimane, non c’è stata molta sorpresa.

Se torniamo indietro al 19 Aprile, poco meno di due mesi fa, la May decise di andare alle elezioni anticipate dopo che i sondaggisti, poco prima di Pasqua, avevano pubblicato una serie di sondaggi che vedevano i Tories con un vantaggio di 21 punti sui Labour di Corbyn. L’occasione di presentarsi con un forte mandato popolare al tavolo della Brexit andava colta.

elezioni gb may poll result

Easter poll result (fonte: YouGov)

Dal 19 di Aprile, la signora May è stata protagonista di una delle peggiori campagne elettorali che la mia memoria ricordi.

Ovviamente dietro ogni pessima campagna elettorale, da un lustro a questa parte, c’è il nome di Jim Messina, il “guru” americano assoldato dalla May il 26 di Aprile.

Jim Messina, il mago dei Big Data, nonostante abbia contribuito al successo di David Cameron nel 2015 (contro ogni aspettativa e, ora si può dire, contro ogni buon senso) e a quello di Obama nel 2012, da anni non ne azzecca mezza. In Spagna ha quasi fatto perdere il suo cliente, Mariano Rajoy, nonostante avesse ottime chance. Poco dopo ha impostato la campagna del Remain nel referendum sulla Brexit, e si è visto come è andata. Non pago (anzi: pagato centinaia di migliaia di euro) ci ha riprovato in Italia, stavolta a fianco di Matteo Renzi: doveva far vincere il Sì, ha trionfato il No.

Nel Giugno del 2017, possiamo dirlo, è stato in grado di riuscire a perdere un’elezione praticamente già vinta. A questo punto viene quasi da pensare che Jim Messina curi anche la preparazione della Juventus prima delle finali di Champions League.

jim messina fonte flickr

Jim Messina (fonte: flickr)

Per quanto riguarda Corbyn, il vero vincitore della giornata, capace di recuperare 20 punti in un mese, rafforza ulteriormente il suo ruolo nello scacchiere politico e all’interno del suo partito, ottenendo il miglior risultato dai tempi di Tony Blair.

Corbyn è riuscito nell’impresa di incanalare il voto dei giovani contro la Brexit e il voto delle classi disagiate, proponendo un programma nazional-popolare/statalista anni ’70 (pre – thatcheriano, per intenderci).

Nazionalizzazione delle imprese (trasporti, poste, energia e acqua), sussidi, aumento delle tasse sui redditi più elevati (Robin Hood tax), fine dell’interventismo militare. Come sosteneva, giustamente, ieri Antonio Capranica a Sky Tg24 “Il programma di Corbyn, per quanto condivisibile, non spiega dove verranno presi i soldi per queste manovre”. Good Luck.

Oltre ai Tories, ci sono due altri grandi sconfitti nelle elezioni: gli scozzesi di SNP e lo Ukip.

Lo Scottish National Party è primo in Scozia con il 36,9 per cento dei voti, ma ha perso il 13,1 per cento rispetto alle politiche del 2015. Perde alcuni sui seggi a favore dei Labour (East Lothian, Midlothian, Coatbridge, Kirkcaldy) e altri in favore dei Tories (fanno scalpore soprattutto Banff and Buchan e Angus dove nel 2010 lo SNP aveva rispettivamente il 61 ed il 55%) e Caithness che va ai LibDem, perdendo in totale 19 seggi rispetto al 2015 (tra cui quello dell’ex segretario Salmond che non viene eletto).

Lo Ukip subisce invece un tracollo inaspettato, ma non troppo. Ricordiamo che nel Luglio scorso, Nigel Farage si era dimesso da capo del partito (ma non dal Parlamento Europeo, nda) lasciando il partito nella sostanziale disorganizzazione. Lo Ukip passa quindi da poco più del 12% (con un solo seggio) a meno del 2% (con zero seggi).

Questa la reazione di Nigel Farage:

Restano sostanzialmente stabili i LibDem, dopo il naufragio del 2015, anzi guadagnano 3 seggi e potrebbero essere l’ago della bilancia di una maggioranza governativa Tories – LibDem (come nel 2010), ma considerando come andarono le cose nel 2015 dopo 5 anni di Governo al fianco dei conservatori (nel 2010 i LibDem di Nick Clegg avevano ottenuto il 23%, 6 milioni di voti, e 57 seggi, mentre nel 2015 erano scesi al 7,9%, 2,5 milioni di voti, e 8 seggi), Tim Fallon (o chiunque sarà a capo del partito) non credo appoggerà nuovamente un suicidio politico. Fa riflettere il fatto che proprio Nick Clegg, capo del partito prima di Tim Fallon, perda nel suo seggio.

In questa situazione si parla di Hung Parliament (Parlamento appeso) ovvero un parlamento senza una maggioranza governativa. Questa situazione, che era già chiara dopo le 23, ha portato ad un deprezzamento della sterlina del 2% nei confronti del dollaro in pochi minuti (sotto, il grafico).

Deprezzamento della sterlina nei confronti del dollaro

Elezioni in Gran Bretagna, lo scenario attuale

La May ha perso ma la palla resta in mano ai Tories, o con un governo di minoranza o con una maggioranza di due voti grazie al supporto esterno degli unionisti protestanti irlandesi (facendo aumentare la distanza e la tensione con i cattonordirish).

I negoziati per la Brexit si potrebbero annunciare duri per chiunque siederà al tavolo al posto della May.

Le voci dicono che il suo successore a Downing Street sarà l’ex sindaco di Londra Boris Johnson, uno dei “brexiters” più accesi, altri invece puntano su Philip Hammond, l’ex Ministro degli esteri del Governo Cameron.

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