Vincenzo Ruggiero, nuove ipotesi sull’occultamento del cadavere

by Matilde Donnarumma
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Vincenzo Ruggiero

Emergono ulteriori particolari sull’omicidio di Vincenzo Ruggiero, il 25enne assassinato la sera del 7 luglio 2017, nell’abitazione di via Boccaccio ad Aversa.

Sembrano ormai chiari gli assurdi motivi che avrebbero portato l’assassino ad uccidere Vincenzo Ruggiero, sparandogli due colpi di pistola al petto, causa l’assurdità della sua ossessione nei confronti della vittima, da tempo Guarente avrebbe sofferto di invidia della personalità solare di Vincenzo, del ragazzo semplice, amato e ben voluto da tutti e delle sue infinite qualità. Ma, molte sono ancora le incognite che, col tempo, stanno emergendo dalle indagini.

Dopo la nomina del medico Antonio Palmieri e del tecnico Carmine Testa – indicati dallo stesso procuratore Francesco Greco con il compito di eseguire l’esame esterno del cadavere e l’ispezione del telefono cellulare dell’assassino – sono stati tre i super periti che, dal 6 agosto, hanno avuto l’incarico di analizzare e rispondere agli innumerevoli quesiti per ricostruire questa assurda vicenda.

Il pool di super periti, che continua a lavorare col compito di ricostruire l’esatta dinamica di questo delitto che ha sconcertato l’opinione pubblica, è formato dal perito balistico Claudio De Matthaeis; l’antropologo forense Maurizio Cusimano, per il prelievo del Dna; e dallo scienziato Ciro Di Nunzio, quest’ultimo ha studiato il caso della mistica Natuzza con le stigmate e il caso “Cogne bis”.

In seguito all’autopsia effettuata, dal 2 agosto, su quello che restava del corpo di Vincenzo Ruggiero, il medico legale aveva stabilito che il 25enne era stato ucciso con due colpi di pistola al petto.

Novità sull’arma e sul complice

Una delle novità sarebbe l’arma usata, il calibro delle ogive, ritrovate nel petto di Vincenzo, sono di una 7,65 e non una calibro 22 dalla quale Guarente ha esploso 2 colpi che hanno privato della vita il povero Vincenzo.

Complice nell’avergli procurato l’arma è Francesco De Turris, il 51enne pluripregiudicato, in passato, non si era mai macchiato di un reato così grave e non era legato alla criminalità organizzata, avrebbe però, secondo la ricostruzione dei carabinieri di Aversa diretti dal tenente Flavio Annunziata, in qualità di amico del Guarente, procurato la pistola al 35enne, e gli avrebbe anche consigliato il calibro migliore, un 7,65 anziché un calibro 22 come quello richiesto inizialmente da Guarente.

Una pistola che gli inquirenti stanno ancora cercando, dato che De Turris, dopo l’omicidio, l’avrebbe smontata e buttata in vari cassonetti della nettezza urbana.

Grazie a questi nuovi sviluppi emersi dalle indagini, il giorno 11 agosto, per Francesco De Turris, residente a circa 50 metri dal garage in cui stato trovato il corpo di Ruggiero, nel palazzo adiacente a quello in cui risiedono la madre e altri parenti di Ciro Guarente,la Procura guidata da Francesco Greco, ha convalidato, nei suoi confronti,un’ordinanza di custodia cautelare nel carcere di Poggioreale per concorso nell’omicidio di Ruggiero, detenzione, porto e cessione abusiva di armi.

L’inchiesta, eseguita dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa (CE), coordinati dal Maggiore Antonio Forte e dal Tenente Flavio Annunziata, è scaturita in particolare da rilevanti sviluppi delle indagini che sono state condotte anche su accertamenti fatti sul cellulare di Guarente, da cui emergevano i numerosi contatti che aveva avuto con De Turris dal suo cellulare sia la notte stessa dell’assassinio, sia nei giorni precedenti.

Infatti, gli inquirenti hanno iniziato a sospettare dopo aver notato l’intenso traffico telefonico. Lo hanno, inoltre, pedinato raccogliendo altri elementi utili, quindi lo hanno condotto in caserma mercoledì 9 agosto. De Turris, messo di fronte ai numerosi indizi a suo carico, alla fine ha ceduto confessando di aver ceduto l’arma a Ciro a titolo di amicizia, ben sapendo che il 35enne volesse uccidere Ruggiero.

Il presunto istigatore

Intanto, il 12 agosto, Ciro Guarente è stato trasferito nel carcere di Poggioreale di Napoli. In una prima istanza era stato portato nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, poiché in quella di Poggioreale si trovava il padre della vittima.

Intanto il 35enne pur avendo preferito il silenzio, avrebbe cominciato a scrivere un lungo memoriale su alcuni eventi dell’accaduto.

In questo diario, scritto a penna, giorno dopo giorno, racconta di una persona che lo avrebbe spinto ad uccidere Vincenzo, una specie di istigatore che lo avrebbe convinto a provare gelosia nei confronti della vittima e ad ucciderlo.

Non si sa a chi Guarente si riferisca, ma sicuramente, se veramente esistesse questa persona, il suo ruolo sarebbe stato determinante.

Nuove indiscrezioni sull’occultamento del corpo

Alcune delle novità salienti sarebbero indiscrezioni che, al termine del sopralluogo del perito, filtrerebbero attraverso le maglie strettissime del riserbo degli inquirenti relative alle indagini sull’occultamento del corpo di Vincenzo ritrovato nel garage a Ponticelli.

Sarebbe trapelata una possibile nuova dinamica per quanto riguarda le condizioni in cui è stato ritrovato il corpo che avvalorerebbe la possibilità che possa essere stato l’uso copioso del cemento a bruciare il corpo.

In base a questa indiscrezione, Ruggiero sarebbe stato trasportato morto nel garage di Ponticelli, qui sarebbe stato seppellito nella calce viva, sarebbe stata la reazione chimica della calce che, a contatto con il corpo avrebbe bruciato la pelle e i muscoli e non l’acido cloridrico, inoltre, sempre questa reazione chimica, avrebbe sgretolato e rotto in più pezzi il corpo e quindi non sarebbe stata utilizzata una motosega come precedentemente ipotizzato.

Stando a questa dinamica, se ciò fosse confermato, Ciro Guarente non avrebbe fatto a pezzi e cosparso di acido cloridrico il corpo prima di occultarlo ricoprendolo di cemento e, di conseguenza, la testa e l’avambraccio di Ruggiero, sarebbero da ricercare ancora nel garage di Ponticelli, e in nessun altro luogo.

Sarebbe, quindi confermata la versione confidenziale in cui Guarente, durante un incontro con la mamma in carcere, alle domande di quest’ultima finalizzate al ritrovamento della testa, avrebbe dichiarato che non avrebbe tagliato la testa dal corpo di Vincenzo e che, quindi, la stessa si trovava ancora nel garage.

Questa dichiarazione sarebbe stata, subito dopo, riportata dalla mamma di Guarente a conoscenza degli inquirenti.

Al corpo, quindi, mancano ancora parte dell’avambraccio sinistro e della testa, ma, grazie agli ultimissimi sopralluoghi fatti nel garage di Ponticelli, sono stati repertati alcuni grossi frammenti di cemento che saranno esaminati per verificare se all’interno ci sono tracce del corpo della vittima.

Inoltre, per gli inquirenti questa modalità di occultamento del corpo sarebbe lo stesso metodo utilizzato per l’occultamento dei corpi di persone uccise nelle faide di camorra, questa che rappresenta una specifica capacità di alcuni specialisti della criminalità organizzata farebbe supporre che gli eventuali altri complici sarebbero da cercare in questi ambienti.

Continua ad esserci, quindi, l’idea che le persone coinvolte nel delitto siano più di due e dunque se Ciro Guarente e Francesco De Turris sono in carcere, altri sarebbero ancora a piede libero.

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3 comments

Fabiana 29 Agosto 2017 - 22:33

Ci rendiamo conto che ancora non siamo capaci nemmeno di dare risposte corrette a seguito di un’autopsia?!?! Che vergogna!

Reply
Matilde Donnarumma 30 Agosto 2017 - 0:40

Anch’io sono stanca che la verità non sia ancora a portata degli inquirenti.
Nonostante i migliori periti stiano lavorando instancabilmente, ormai da più di un mese a questo caso, anche quelle che sembravano certezze fanno fatica ad essere confermate.
La cosa più atroce è comunque l’incapacità di poter dare alla famiglia di Vincenzo Ruggiero, chiamato dagli amici Vincy, la possibilità di poter avere la libertà di poter piangere in pace e sfogare il proprio dolore.
Si, perché tutti abbiamo bisogno ed abbiamo il diritto di poter piangere in pace la perdita delle persone amate, anche per chi crede che sono passate in una dimensione migliore.
La mamma di Vincy ancora non ha avuto la possibilità di elaborare il suo lutto.
A livello psicologico, anche in casi di perdite di persone care in situazioni ordinarie, le fasi di elaborazione di un lutto sono tante e difficili da elaborare.
La perdita di un figlio, poi, è un evento vissuto come “contro natura”.
La mamma di Vincy, Maria Esposito, sta ancora aspettando non solo di conoscere tutta la verità, non solo che giustizia sia fatta, ma anche che l’intero corpo di suo figlio venga ritrovato per poter procedere alla funzione religiosa per le onoranze funebri.
In un suo sfogo, durante la fiaccolata fatta a Ponticelli, affermava: “non vedo l’ora che la testa di mio figlio venga ritrovata, che il resto del corpo di mio figlio venga ritrovato perché io mio figlio lo voglio tutto e non solo una parte perché io, dopo le esequie, me lo porto a casa”.
Spero tanto che venga fatta chiarezza al più presto e che tutte le persone anche lontanamente coinvolte siano smascherate agli occhi di tutti.
giornalista Matilde Donnarumma

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Matilde Donnarumma 30 Agosto 2017 - 0:47

Grazie Fabiana, grazie al tuo commento ho avuto modo di esprimere anche un mio pensiero personale.
Giornalista Matilde Donnarumma

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